Ci rendiamo conto quanto sia
ridicolo elencare le motivazioni per le quali, nel segreto dell’urna, non daremo
il nostro voto alla Lega: basta solo il nome.
Basterebbe anche solo elencare i
nomi della dirigenza di partito per far storcere il naso al più volonteroso e
democratico elettore.
Ma noi vogliamo un po’ perdere
tempo.
Quel tempo che nel mondo liberale
e produttivo sembra avere un valore inestimabile e che noi ovviamente, da bravi
rivoltosi, vogliamo buttare via in spregio al pensiero comune.
In effetti è un po’ perdere tempo
evidenziare come non sia politicamente spendibile un voto ad un partito che già
promette alleanze con Silviuccio nostro. Un alleanza che di fatto si configura come
subalterna e poco autonoma. Con tutte le conseguenze che ci si possono
immaginare. Anche storiche diremmo.
Come è perdere tempo la
considerazione del fatto che nella Lega convivano due anime : quella Salviniana
e quella Maroniana. Una votata ad un sovranismo di facciata, l’altra
radicalmente secessionista. Non è dato sapere quale sia quella egemone; forse
la Salviniana fino a quando garantisce le poltrone. Entrambe comunque informate
all’idea di Stato Minimo. Flat Tax, Minibot, regionalismo, privatizzazioni i
mantra leghisti. D’altronde devi soddisfare il tuo primo elettore: quello con
la fabbrichetta, la barchetta e che butta nell’umido le orecchiette con le cime
di rapa o il kebab.
Dalla padella UE alla brace
nazional-liberale il salto è brevissimo. Questo finto patriottismo che ha come
base, in fondo, la constatazione che non si sta mai bene a Sud di un qualcuno
che detta le regole. Meglio mettersi il vestito migliore per accedere all’Europa
che conta, magari sognando di diventare un land crucco, mollando la compagnia
stracciona degli italiani pizza-mandolino-mamma.
E dunque dagli all’Europa delle
Banche, all’internazionalismo progressista ma non una parola sulla libertà della
circolazione dei capitali. Maastricht ok ma padano.
Riguardo poi alla libera
circolazione di persone, si può tranquillamente dire che è la base di
legittimazione politica della Lega. Nel senso che se si contingentassero gli
sbarchi, i simpatici leghisti perderebbero buona parte del loro programma. Del
resto la Bossi-Fini mica si chiama così per nulla: molti immigrati, molto
onore. Dunque anche qui una battaglia di facciata, spendibile tra le fila degli
xenofobi padani che “vegnen chi a rubà el laurà a numm”.
Diciamocelo, infine: il pessimo
tentativo di allargare il consenso anche tra i Terroni con “Il Sud con Salvini”
è stato osteggiato primariamente da correnti interne al partito, oltre all’evidenza
del fatto che in meridione se lo sono cagato veramente in pochi. Quindi
pomodori marci a Napoli e indignazione feroce a Pontida: la scommessa
salviniana è quasi costata il premierato.
Il borghismo dunque ha attecchito
poco nel radicalismo leghista, risultando solamente propedeutico alla
cooptazione di quelle frange “sovraniste” disperse e spaurite, sballottate tra
gli estremismi antiUE di CasaPau e di quello stalinista di Rizzo. L’approdo
centrista dell’antieuropeismo poteva fare da coperta di Linus. E lo ha fatto,
per i diversamente democratici.
Ma noi siamo populisti e non ci facciamo
fregare dalle sirene. In questo mondo di falsa politica il nostro fiore all’occhiello
è l’irrilevanza.
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