Ma sarebbe pleonastico: tutti sappiamo di cosa questi personaggi siano stati capaci da circa 25 anni in qua, dal semigolpe che abolì il proporzionale per farci entrare nel fantastico mondo del partito personalistico e aziendalistico a struttura leggera, fino agli accordi sotto banco con Berlusconi, il mercimonio delle poltrone a livello locale mentre si faceva finta di litigare a livello nazionale, le privatizzazioni, le liberalizzazioni, la liquidazione della democrazia sposando la causa del sovranazionalismo tecnocratico in salsa europeista, il golpe bianco di Monti, il fatto che Renzi sia figlio legittimo e più consequenziale della politica di questa gente.
Perciò sui nomi non ci soffermeremo perché nemmeno ne vale la pena.
Altrettanto non ci soffermeremo sul programma che del resto non hanno nemmeno presentato essendo l'operazione LeU esclusivamente un disperato tentativo di perseguire l'autoconservazione di ceto di questo sottobosco politicante che in vita propria ha sempre campato di ciò che gli procurava il partito senza aver mai veramente lavorato un solo giorno.
Ci soffermeremo quindi su una analisi di natura antropologica e chiariremo cosa sia l'ordoulivismo eterno, trasversale tanto ai sostenitori PD quanto a quelli di LeU, che da questo punto di vista possono serenamente essere analizzati in coppia anche perché elettoralmente PD e LeU sono un gioco a somma 0.
Garantiti, ricchi, benestanti, in molti casi direttamente oligarchi e stretti collaboratori, hanno un terminale politico che vale oggi circa il 28-29% che al suo interno può variamente differenziarsi dando però sempre lo stesso risultato complessivo.
Esattamente come nella somma algebrica si può invertire la posizione degli addendi mantenendo uguale il risultato; nello stesso identico modo vale per l'ordoulivismo dei ceti paraculati.
Se il PD prenderà il 22%, LeU si aggirerà tra il 6 e il 7%. PD al 25%, LeU sulla soglia del 3-4%. PD al 20%, LeU vicina alla soglia del 10%. E alla via così. Basta tenere fissa la somma e vedere quanta gente Renzi, per motivi meramente estetici, farà scappare, per sapere quanto Bersani, D'Alema e relativa servitù potranno prendere.
La parabola dell'ordoulivismo eterno è cominciata con l'inizio degli anni '90: alla caduta del blocco orientale del socialismo reale, privi di una qualsiasi seria analisi sul perché ciò fosse accaduto sapendo trovare in quel fondamentale passaggio storico sia cause esogene che endogene ( ce n'erano di entrambi i tipi. Coloro i quali siano ancor oggi convinti che le cause siano state solo esogene non si sono macchiati di ordoulivismo ma si sono ugualmente autoestromessi dall'agone politico e dalla rilevanza sociale preferendo coltivare il rifiuto della realtà e la dimensione esistenziale dei polverosi reperti museali ), gli allora giovani collenneli del pci e della ex nuova sinistra, seguirono semplicemente il giro del fumo pacificandosi con l'idea che essere progressisti banalmente significhi adeguarsi allo spirito dei tempi e all'andazzo.
Quest'idea si cullava nella convinzione, sulla quale torneremo, che progresso ed emancipazioni siano strettamente correlati da un inevitabile nesso di causazione ( ciao còre.... ) e che insieme abbiano un andamento lineare e più o meno ineluttabile ( buonanotte proprio.... ).
Il giro del fumo in quel momento era l'idea che non esistessero più destra e sinistra ma solo politiche moderne o antiquate, secondo quanto esplicitamente teorizzato da Tony Blair e Gerhard Schröder.
Peccato fosse una truffa perché quella era la destra economica più consequenziale sulla piazza, che si mascherava da sinistra semplicemente perché non era conservatrice in quegli ambiti nei quali i diritti siano a costo zero.
A nostra volta non siamo conservatori, il problema è che per creare una bella destra economica però progressista per quel che riguarda le libertà positive, basta essere liberali.
A questo si aggiungano i danni prodotti da Norberto Bobbio in quegli anni che di fatto teorizzò la superiorità antropologica dell'esser liberali, cioè del tutto impropriamente di sinistra, ed ecco ottenuto un risultato micidiale: destrorsi in politica economica con lo zelo tipico dei parvenu, ma convinti di essere gli unici depositari del progresso e dell'antifascismo anche e soprattutto in quanto moralmente e antropologicamente superiori agli altri.
Insomma, una masturbazione egolatrica a misura di ceti benestanti che arricchiscono sulle spalle dei meno abbienti, ma sempre pronti a fare una marcia in favore di qualche minoranza, che si tratta di gay o immigrati.
Da allora, da questa micidiale invenzione, non si sono inventanti nulla di nuovo e ininterrottamente stanno li a mescolare la merda col legnet e a pascersi nella loro convinzione di essere sempre migliori di tutti gli altri.
Per loro non esiste più un bene o un male secondo la sua aderenza a concetti di giusto o sbagliato, se non universali facenti riferimento almeno al punto di vista di sfruttati e esclusi; per loro bene o male dipendono dalla discrepanza tra nuovo e vecchio, ragion per cui il nuovismo renziano li rappresenta perfettamente essendo solo più coerente, e non a caso non parlano più di esclusi e sfruttati ma di ultimi.
Essi sono privilegiati e lo sanno, quindi non vogliono il riscatto degli sfruttati che andrebbe a loro danno; si accontentano di lisciarsi il pelo e pettinare il proprio ego con una idea di giustizia tutta fondata su una carità filantropico-caritatevole nei confronti degli sfigati, degli ultimi appunto.
Se non avessero tradito un passato ruolo storico parlerebbero piuttosto di abolizione dell'esistenza dei primi, quale viatico per una soluzione definitiva dell'esclusione degli ultimi, non vi pare?
In questo senso sono anche strenui difensori dello status quo; altrimenti non si farebbero vanto di essere la lista a camere unificate, rappresentati nella propria immagine pubblica dalla seconda e terza carica istituzionale dello Stato, proprio in un momento in cui abbiamo la disoccupazione U6 al 30% e 12.000.000 di persone stanno risparmiando sulle spese mediche.
Se degli sfruttati gliene fregasse qualcosa evidentemente non si farebbero rappresentare dai massimi rappresentanti del palazzo e delle istituzioni proprio nel momento in cui la società procede ad escludere milioni di persone.
La loro identità è un mix esplosivo di positivismo scientista e presunzione individuale ( la campagna del PD, vota la scienza, o ancora l'idea che il nemico, qua, sia chi non è d'accordo con il decreto Lorenzin, maledetti complottisti antiscientifici! )
Questa Weltanschauung della sinistra evidenzia anche l'irreversibilità del distacco etico-cognitivo di quest'ultima con le fasce non benestanti e dunque maggioritarie della popolazione.
Evidentemente a loro non interessa spiegare e promuovere un bel niente, ma riconoscersi tra già ben inseriti in una precisa cornice.
Purtroppo per loro però le identità, materiali e simboliche, di un tempo si sono sciolte ma Marx aveva ragione su una cosa molta precisa: la classe esiste, in sé prima ancora che per sé, anche se non ne ha consapevolezza.
Sicché nonostante l'egemonia dell'ideologia liberista di cui gli ordoulivisti sono i più consequenziali interpreti, preso i ceti meno abbienti prevale come priorità la percezione dei propri problemi materiali più che non il sentirsi fighi di chi può permettersi di titillare il proprio ego perché non ha problemi economici e lavorativi, infatti dei ceti meno abbienti a sinistra non vota più nessuno.
Per noi persone normali il "nuovo", se è privo di contenuti riferiti ai nostri legittimi interessi materiali o addirittura porta con sé danni e arretramenti esattamente su questo fronte regalandoci solo maggior paura del domani, risulta essere soltanto un vuoto nichilista o se preferite una sòla che ci fa pure un po' schifo.
l'Ancien Régime nobiliare, patriarcale, religioso e reazionario così come in seguito i partiti conservatori che tutelavano gli interessi dei ricchi e degli sfruttatori come ad esempio la DC, sono un retaggio passato ormai non più sistematico/sistemico.
Oggi si può essere progressisti e stare ancor più consequenzialmente coi padroni.
Ciò non è un motivo per diventare reazionaria e se il liberalismo va respinto, ciò è dovuto alla sua dimensione di individualismo metodologico, ma quell'idea gretta e retriva di nemico esiste oggi solo come retaggio nostalgico e minoritario e la sinistra, quindi, ha totalmente espunto il tema della lotta di classe dal proprio orizzonte.
In tal modo, rimane in essa soltanto l'istanza borghese-liberale iniziale, ovvero il culto del progresso.
Un progresso che ha come fine se stesso, così come la produzione e riproduzione capitalistiche che esauriscono il proprio senso nel reiterare accumulazione e concentrazione di capitale.
A che ti servono i soldi? Ad avere più soldi.
Nello stesso modo a che ti serve essere progressista senza lotta di classe? A lavarsi la coscienza e a sentirsi buoni, moderni, progrediti.
Insomma: puro nichilismo.
Tutto questo è inoltre una forma di determinismo storico estremista e meccanicistico secondo il quale ciò che è "nuovo" si propone come principio di valore auto-legittimante: si tratta d'un nichilismo supremo per il quale il fine è nulla e il movimento è tutto.
Non avendo finalità se non l'egolatria e l'autoconservazione di ceto, essi non hanno nemmeno orizzonti programmatici e strategici se non la difesa in sé e per sé di un andazzo sul quale stanno bene a galla e in questo si evidenzia anche il loro profilo squisitamente borghesuccio, paraculato, da gente con la panza piena e il culo al caldo.
Purtroppo per loro questo neodemocristianismo mascherato da sinistra ha il respiro cortissimo perché, come vari studi politologici, sociologici ed economici, ormai da anni stanno evidenziando, ad una ormai remota cetomedizzazione delle classi popolari è seguita una approfondita tendenza all'assottigliamento del ceto medio, con aumento della divaricazione tra chi diventa ultraricco e chi sprofonda verso l'esclusione: il ceto medio sta estinguendosi e chi si ostina a voler tenere in vita il punto di vista e la cultura politica di un ceto in estinzione, ad essere ottimisti si condanna all'autoreferenzialità.
Una forma di solipsismo che nel caso della sinistra è diventata a questo punto non solo manifesta ma anche patologicamente compiaciuta.
Si guardi alla composizione sociale del voto: la sinistra ormai esprime prevalentemente una composizione incentrata su ceto dirigente della pubblica amministrazione, funzionariato privato, professionisti affermati eccetera.
I leader di sinistra, cioè, non parlano fisicamente con un operaio, un disoccupato o un sotto-occupato da almeno una ventina d'anni. Poi si sorprendono se non vengono votati....
D'altra parte se questo rapporto con i ceti disagiati esistesse ancora, vedremmo da parte di questi stessi dirigenti dei tentativi di mediazione su determinati temi con la propria base sociale.
Su questioni cruciali come l'Unione Europea o l'immigrazione, infatti, temi in merito quali i ceti medio bassi hanno una posizione fondata sulla condizioni materiali più che non sulle astrazioni, nel bene e nel male ( quindi una chiara e giusta ostilità all'UE, ma anche una ostilità all'immigrazione purtroppo facilmente riconvertibile da destra come ostilità verso gli immigrati ), si manifesterebbe la volontà di mediare con quelli che sono i sentimenti e le istanze espressi dalla maggioranza della popolazione.
Avremmo quindi riavuto un riallineamento della sinistra dal proprio europeismo acritico, o al più altereuropeismo onirico, nella direzione di un pragmatico solidarismo europeo disponibile a rompere i propri rapporti con la UE se spazi di rifoma non si apriranno velocemente ( come hanno fatto i francesi di Mélenchon ); nello stesso modo sull'immigrazione si porrebbe un argine alle destra articolando una proposta che tenga insieme regolarizzazione e regolamentazione, così da arginare pulsioni fasciste ma tranquillizzare i meno abbienti sul fatto che non verranno incentivate ulteriori competizioni ribassiste sulla suddivisione delle risorse per lo stato sociale e costo del lavoro.
Ma a sinistra non avviene nulla di tutto questo.
Nel caso del PD guidato da Matteo Renzi, per esempio, volendo mantenere un 30% di bacino elettorale, qualche piccolissima mediazione di facciata su questi punti è stata fatta: instaurando trattative sul fiscal compact in sede europea, cioè mera esteriorità ma almeno a livello di immagine hanno cercato di non risultare completamente appiattiti, oppure enunciando la necessità di istituire soglie ai flussi migratori ma nel peggior modo possibile, inseguendo con Minniti la Lega.
Liberi e Uguali invece non sente di dover compiere mediazioni di sorta.
La sinistra-sinistra esprime posizioni antitetiche e diametralmente opposte a quelle vigenti presso la maggioranza assoluta dei ceti impoveriti: posizioni come il rilancio dello Stato Unico Europeo o la deregulation totale dei flussi migratori, indicano chiaramente l'intenzione di bypassare qualsiasi mediazione coi ceti poveri e impoveriti.
Non ne fanno parte, non ne capiscono il punto di vista, non sono interessati a rappresentarli e non riescono nemmeno a mascherare un certo qual disprezzo.
Attualmente tra ceti popolari, PD e soprattutto sinistra alla sinistra del PD, non vi è alcuno scambio o relazione, nessun interesse; forse se anche l'interesse ci fosse mancherebbero ormai anche le categorie concettuali e comunicative per reistituire un rapporto, il divorzio è durato troppo lungo e da separati nei fatti si è ormai integralmente separati anche negli affetti.
Liberi e Uguali, la lista rappresentata come volti immagine da Grasso e Boldrini, è soltanto conferma dell'indirizzo autoreferenziale intrapreso dalla (ex)borghesia di sinistra.
Tali volti e tali simboli esprimono soltanto la succitata distanza dalle classi popolari: distanza culturale, cognitiva, etica e in definitiva umana.
Per questo e non per altro Laura Boldrini suscita sentimenti popolari di ostilità - spesso e purtroppo accompagnati da commenti che sono per davvero sessisti - più di qualsiasi altra figura politica femminile.
Il popolo capisce di aver di fronte una novella Maria Antonietta, in un contesto nel quale manca il pane, e quest'ultima non suggerisce nemmeno brioches ma la sostituzione delle vocali alla fine delle parole....Crediamo non ci sia altro da aggiungere.
Il ceto politico della sinistra ha ormai perso la strada da troppo tempo, ormai non hanno più alcuna capacità di decodificare la realtà, non hanno professionalità politiche neanche minime, non hanno idea dei rapporti sociali.
La loro incapacità politica è inemendabile perché è radicata ormai in un autentico deficit cognitivo.
A tutto questo aggiungiamo anche lo scarsissimo livello culturale e di consapevolezza di sé della borghesia italiana e avremo quindi un'idea di quale possa essere il livello - anche dal punto di vista culturale - che può esprimere questa compagine di borghesi parvenu convinti di essere continuità storica della sinistra più cazzuta.
Riprendiamo ad esempio le recenti dichiarazioni di Fratoianni sull'Europa.
"Bisogna avere un impianto fortemente europeista, ovvero che ponga in discussione la sovranità nazionale come punto di riferimento"
(Nicola Fratoianni, Sinistra Italiana/Liberi e Uguali, 22 dicembre 2017)
In poche parole Fratoianni liquida:
- la memoria storica dell'internazionalismo proletario, il quale ha SEMPRE messo avanti il rispetto e l'inviolabilità della sovranità e dell'indipendenza nazionale come forma di difesa dei popoli dal sopruso di paesi più forti, ricchi e potenti. Indipendenza nazionale come argine agli sciovinismi imperiali. Evidentemente per questi poveri cazzoni Ho Chi Minh era rossobruno.
- l'intero retaggio delle conquiste del movimento operaio, perchè lo stato sociale è una conquista che risiedeva integralmente negli ordinamenti nazionali.
- qualsiasi prospettiva di cooperazione internazionalista con le sinistre di altri paesi, dato che ormai di acriticamente europeista è rimasto solo Tsipras e non è che questo sia proprio un gran motivo di vanto.
Che il federalismo europeo, da von Hayek alla Mont Pelerin Society, sia sempre stato il cavallo di Troia degli oligarchi per riprendersi tutto con tanto di interessi, è un dubbio che nemmeno remotamente li sfiora mentre mettono in fila parole a caso, incapaci di rendersi conto che le istituzioni vivono perché si radicano dentro un senso di comunità e di identità nazionale.
L'appartenenza ad una collettività, fondata su basi storiche, linguistiche, culturali comuni ( non spirituali o bioligiciste; questa sarebbe al contrario la lettura da destra, che non sanno discernere ), è ciò che radica nella realtà sociale la legittimazione delle istituzioni.
Se manca tale radicamento, perché i cittadini europei si sentono tedeschi, francesi, italiani, ecc. prima che europei, non possono esservi istituzioni radicate nella comunità e quindi democratiche.
Ci possono solo essere soltanto agenzie e strutture tecniche guidate dall'alto e senza legittimazione popolare.
Senza Stato, senza indipendenza e sovranità nazionale, non vi è politico.
Liberi e Uguali: autoconservazione di ceti in via di estinzione attraverso il rifiuto del politico.
Il collettivo ringrazia per gli spunti dai quali abbiamo liberamente attinto per poi sistematizzarli, l'attore Riccardo Paccosi e Tupac Amarù.
Su questioni cruciali come l'Unione Europea o l'immigrazione, infatti, temi in merito quali i ceti medio bassi hanno una posizione fondata sulla condizioni materiali più che non sulle astrazioni, nel bene e nel male ( quindi una chiara e giusta ostilità all'UE, ma anche una ostilità all'immigrazione purtroppo facilmente riconvertibile da destra come ostilità verso gli immigrati ), si manifesterebbe la volontà di mediare con quelli che sono i sentimenti e le istanze espressi dalla maggioranza della popolazione.
Avremmo quindi riavuto un riallineamento della sinistra dal proprio europeismo acritico, o al più altereuropeismo onirico, nella direzione di un pragmatico solidarismo europeo disponibile a rompere i propri rapporti con la UE se spazi di rifoma non si apriranno velocemente ( come hanno fatto i francesi di Mélenchon ); nello stesso modo sull'immigrazione si porrebbe un argine alle destra articolando una proposta che tenga insieme regolarizzazione e regolamentazione, così da arginare pulsioni fasciste ma tranquillizzare i meno abbienti sul fatto che non verranno incentivate ulteriori competizioni ribassiste sulla suddivisione delle risorse per lo stato sociale e costo del lavoro.
Ma a sinistra non avviene nulla di tutto questo.
Nel caso del PD guidato da Matteo Renzi, per esempio, volendo mantenere un 30% di bacino elettorale, qualche piccolissima mediazione di facciata su questi punti è stata fatta: instaurando trattative sul fiscal compact in sede europea, cioè mera esteriorità ma almeno a livello di immagine hanno cercato di non risultare completamente appiattiti, oppure enunciando la necessità di istituire soglie ai flussi migratori ma nel peggior modo possibile, inseguendo con Minniti la Lega.
Liberi e Uguali invece non sente di dover compiere mediazioni di sorta.
La sinistra-sinistra esprime posizioni antitetiche e diametralmente opposte a quelle vigenti presso la maggioranza assoluta dei ceti impoveriti: posizioni come il rilancio dello Stato Unico Europeo o la deregulation totale dei flussi migratori, indicano chiaramente l'intenzione di bypassare qualsiasi mediazione coi ceti poveri e impoveriti.
Non ne fanno parte, non ne capiscono il punto di vista, non sono interessati a rappresentarli e non riescono nemmeno a mascherare un certo qual disprezzo.
Attualmente tra ceti popolari, PD e soprattutto sinistra alla sinistra del PD, non vi è alcuno scambio o relazione, nessun interesse; forse se anche l'interesse ci fosse mancherebbero ormai anche le categorie concettuali e comunicative per reistituire un rapporto, il divorzio è durato troppo lungo e da separati nei fatti si è ormai integralmente separati anche negli affetti.
Liberi e Uguali, la lista rappresentata come volti immagine da Grasso e Boldrini, è soltanto conferma dell'indirizzo autoreferenziale intrapreso dalla (ex)borghesia di sinistra.
Tali volti e tali simboli esprimono soltanto la succitata distanza dalle classi popolari: distanza culturale, cognitiva, etica e in definitiva umana.
Per questo e non per altro Laura Boldrini suscita sentimenti popolari di ostilità - spesso e purtroppo accompagnati da commenti che sono per davvero sessisti - più di qualsiasi altra figura politica femminile.
Il popolo capisce di aver di fronte una novella Maria Antonietta, in un contesto nel quale manca il pane, e quest'ultima non suggerisce nemmeno brioches ma la sostituzione delle vocali alla fine delle parole....Crediamo non ci sia altro da aggiungere.
Il ceto politico della sinistra ha ormai perso la strada da troppo tempo, ormai non hanno più alcuna capacità di decodificare la realtà, non hanno professionalità politiche neanche minime, non hanno idea dei rapporti sociali.
La loro incapacità politica è inemendabile perché è radicata ormai in un autentico deficit cognitivo.
A tutto questo aggiungiamo anche lo scarsissimo livello culturale e di consapevolezza di sé della borghesia italiana e avremo quindi un'idea di quale possa essere il livello - anche dal punto di vista culturale - che può esprimere questa compagine di borghesi parvenu convinti di essere continuità storica della sinistra più cazzuta.
Riprendiamo ad esempio le recenti dichiarazioni di Fratoianni sull'Europa.
"Bisogna avere un impianto fortemente europeista, ovvero che ponga in discussione la sovranità nazionale come punto di riferimento"
(Nicola Fratoianni, Sinistra Italiana/Liberi e Uguali, 22 dicembre 2017)
In poche parole Fratoianni liquida:
- la memoria storica dell'internazionalismo proletario, il quale ha SEMPRE messo avanti il rispetto e l'inviolabilità della sovranità e dell'indipendenza nazionale come forma di difesa dei popoli dal sopruso di paesi più forti, ricchi e potenti. Indipendenza nazionale come argine agli sciovinismi imperiali. Evidentemente per questi poveri cazzoni Ho Chi Minh era rossobruno.
- l'intero retaggio delle conquiste del movimento operaio, perchè lo stato sociale è una conquista che risiedeva integralmente negli ordinamenti nazionali.
- qualsiasi prospettiva di cooperazione internazionalista con le sinistre di altri paesi, dato che ormai di acriticamente europeista è rimasto solo Tsipras e non è che questo sia proprio un gran motivo di vanto.
Che il federalismo europeo, da von Hayek alla Mont Pelerin Society, sia sempre stato il cavallo di Troia degli oligarchi per riprendersi tutto con tanto di interessi, è un dubbio che nemmeno remotamente li sfiora mentre mettono in fila parole a caso, incapaci di rendersi conto che le istituzioni vivono perché si radicano dentro un senso di comunità e di identità nazionale.
L'appartenenza ad una collettività, fondata su basi storiche, linguistiche, culturali comuni ( non spirituali o bioligiciste; questa sarebbe al contrario la lettura da destra, che non sanno discernere ), è ciò che radica nella realtà sociale la legittimazione delle istituzioni.
Se manca tale radicamento, perché i cittadini europei si sentono tedeschi, francesi, italiani, ecc. prima che europei, non possono esservi istituzioni radicate nella comunità e quindi democratiche.
Ci possono solo essere soltanto agenzie e strutture tecniche guidate dall'alto e senza legittimazione popolare.
Senza Stato, senza indipendenza e sovranità nazionale, non vi è politico.
Liberi e Uguali: autoconservazione di ceti in via di estinzione attraverso il rifiuto del politico.
Il collettivo ringrazia per gli spunti dai quali abbiamo liberamente attinto per poi sistematizzarli, l'attore Riccardo Paccosi e Tupac Amarù.