giovedì 25 gennaio 2018

La sinistra dei Tartari


Questa volta viene pubblicato sulla pagina del collettivo un punto di vista un po' personale.
I nostri pochi lettori perdoneranno quest'atto forse in fondo indebitamente narcisistico, ma se sono qua a leggere è perché a propria volta dediti al culto dell'irrilevanza; saranno quindi comprensivi e accondiscendenti nei confronti di un post particolarmente irrilevante.

In questi anni mi sono sbattuto molto affinché a sinistra si smuovessero un po' le acque e si cominciasse a ragionare seriamente dell'insormontabile problema che l'Unione Europea rappresenta per cercare di arrestare e invertire questa spirale che ci sta trascinando sempre più verso l'impoverimento e che della nostra democrazia costituzionalmente garantita ci sta lasciando solo una scatola vuota, consegnandoci in sua vece una vera e propria restaurazione oligarchica.

Niente, non c'è stato niente da fare.
Ho conosciuto tanti singoli individui con gli occhi aperti, generosamente dediti allo stesso tentativo, ma non c'è stato nulla da fare.
Per questo ciclo elettorale - io cominciai esplicitamente questa battaglia in vista del precedente ciclo elettorale - abbiamo perso il giro perché sono ancora una volta riusciti a renderci irrilevanti.
Per difendere i loro errori, la loro insipienza ed infine il cadreghino con i quali, bene o male, 4 incartapecorite dirigenze ancora mangiano pur non avendo più alcun popolo alle spalle.
Vale per tutti.
Da Fuffistra Italiana a Rifondazione Dadaista, passando per la CGIL.
Non abbiamo più fortezza da presidiare. Dobbiamo solo dargli fuoco e lasciarcele alle spalle, incamminarci.
Tutti sanno, tutti fanno orecchie da mercante, tutti cercano di tagliarti le gambe appena mostri di pensare con le tua testa e osi toccare qualche tema scomodo; temi che quindi conoscono a loro volta benissimo esprimendo una malafede che puzza da lontano.
Inconsapevoli, ma non meno dannosi, gli anarcocosi centrosocialin-negrieri.
Quelli non ci hanno proprio capito un cazzo ma fanno danni lo stesso.
"Utili idioti, diciamo", citando così in tre sole parole, il leader di cui da troppo tempo non meritiamo più nemmeno la memoria, e quello che invece si meritano quelli che ancora corrono dietro al sogno stinto dell'ordoulivismo.

Anche questa volta, come tante altre in precedenza anche su altre battaglie importanti ma ormai lontane nel tempo, molti tra i pochi che hanno fatto lo sforzo di brillare quando ancora mancava qualche anno al voto, si sono lasciati risucchiare nel gorgo elettoralistico immolando su quell'altare tutte le proprie opzioni.
Inutile far nomi: rappresentanti di questo tentativo di dire cose intelligenti normalizzando qualsiasi reale obiettivo strategico in nome d'una cadrega, li trovate ovunque: dai Fassina e D'Attorre dentro Liberi e Uguali, ad Eurostop al seguito degli eurosognatori forenzosi con o sensa corteo e fumogeni, fino all'apice dadaistico di Bagnai con la Lega, contro l'euro ma per il jobs act e la flat tax.
Alcuni questa scelta l'hanno fatta in buona fede e non ne caveranno comunque nulla fuori, altri riusciranno a fare danni. Il risultato è sempre lo stesso: qualche anno di bei discorsi per poi rimangiarsi tutto a due mesi dal voto, per riportare in parlamento gente che ha concorso a scassare i diritti costituzionali dei lavoratori e che non cambierà perchè non vuole e non può farlo.

Cosa fatta, capo ha!

Forse tutto questo non è neanche un male perché queste elezioni rimettono definitivamente un ordine in anni di moto browniano.  

"Collocatevi, cazzo", è una operazione non solo di chiarezza politica ma oltre un certo limite, addirittura di pulizia morale.
Abbiamo alle spalle oltre un lustro di sbattimenti circondati da pulviscolo che si muoveva casualmente per moto browniano.
Anche per questo, oltre che per protagonismi e incapacità organizzativa, non si è riusciti a quagliare: la maggior parte delle persone non era interessata a costruire ma a tessere relazioni per mettere insieme la "cordatina" da capitalizzare personalisticamente a pochi mesi dal voto.
E fare apprezzamenti e valutazioni personali e personalistici non solo sarebbe inutile: sarebbe proprio puerilmente prepolitico.
Davanti abbiamo un ciclo di lavoro di un altro lustro.
Il materiale umano minimamente interessante che resta è.....tutto quello che non si è collocato a questo giro elettorale, se Dio vuole portatore di salvifica chiarezza.


In questo che è anche momento di bilanci, quello che sento di dover fare è autocritica.
Se ho fallito anche io nel dare gambe alla strategia che ritengo necessaria, oltre che per incapacità organizzativa e visione tattica, questo dipende anche dal fatto di essermi troppo a lungo incaponito nella speranza di smuovere una sinistra che non vuole essere smossa, non può essere smossa.


Forse molti di voi avete letto Il deserto dei Tartati di Dino Buzzati.
Vedete, nella fortezza Bastiani, il tenente Drogo ha due nemici.
Uno lo ha davanti, anche se non si vede fino alla fine della sua vita quando ormai, paradossalmente, è troppo tardi perché l'intera vita è stata vanificata sfumando in una inutile e logorante attesa.
L'altro nemico è dietro alle spalle, è il potere che lo tiene li.

Davanti l'invasore che tutti aspettano, e che secondo me è la restaurazione oligarchica armata con l'artiglieria della finanza internazionale e che ha per fuoco di interdizione una concezione completamente acritica di progresso, il nuovo per il nuovo, l'illusione che l'emancipazione segua un percorso lineare.
Uno dietro le spalle: il paese profondo delle disonestà sistemiche, del famo a accomodosse, una mano lava l'altra e non sappia la mano destra cosa fa la sinistra, piccole e grandi clientele, opportunismi, espedienti.
Quel paese che non rivendica, s'arrangia. Ma sempre individualmente e a spese altrui, non rendendosi conto che questo agitarsi nel fango da pesci piccoli non ti salverà da fauci più grandi, quando arriveranno.
Quella meschinità da piccolo mondo antico, quell'ipocrisia da vecchia borghesia ammuffita, da maresciallo che gioca a carte nel retrobottega del bar centrale del paese col prevosto e il farmacista, quel moralismo che puzza di centrodestra ma ravvivato da sbrilluccicanti mignottoni sculettanti in TV in salsa berlusconiana: ricchi premi e cotillons.
Questo è il conformismo della disciplina dell'indisciplina, quello che tiene in avanguardia il sottotenente Drogo nella fortezza Bastiani, a sprecare la vita nell'attesa inutile.


Cari amici, amiche, se siete romantici compagni e compagne, cari compatrioti del collettivo UPUC: se per non sprecare la vita nell'attesa è inaccettabile, come un nuovista arrampicatore sociale qualsiasi, scappare dalla fortezza Bastiani per passare tra le fila dei Tartari emulando i tanti piddini mossi da opportunismo assessorile fino a quelli che nello stesso modo diventano direttori in banca o consiglieri di amministrazione di enti in via di privatizzazione, è altrettanto sbagliato e dannoso disertare dai ranghi dalla fortezza per farsi assumere nel corpo diplomatico del nemico alle spalle.
Questo però non significa che si possa rimanere asserragliati nella fortezza Bastiani a fare testimonialmente il proprio dovere come troppo a lungo ho fatto io.

Disertare da quella fortezza si può, si deve; anzi, andandosene è bene aver prima minato le mura.
Che l'illusione di avere una fortezza da presidiare non rovini inutilmente altre vite, magari preziose se altrimenti spese.
Né coi Tartati tradendo in favore del nemico di fronte, né col corpo diplomatico del nemico alle spalle: zaino in spalla e diamo fuoco alla fortezza Bastiani!
Ormai non ha più senso presidiare il nulla.

Avanti c'è il deserto, oltre chissà.
E "chissà", sarà sempre mille volte meglio che rimanere qua a aspettare, perchè già sappiamo cosa ci aspetta aspettando.
Avanti, in marcia, il cammino è appena cominciato.

Alle spalle partiti venduti, sindacati gialli, e anche brave persone che non si rassegnano all'idea che il tempo è passato e se lo scontro è sempre lo stesso tocca imparare a combattere in un nuovo modo.
In ogni caso parliamo di rovine.
Che importa?

Enea


Vi saluto con le parole di Buenaventura Durruti.


Le rovine non le temiamo.
Erediteremo la terra, su questo non c'è il minimo dubbio.
La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia.
Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi,
e questo mondo, ogni momento che passa, cresce.
Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te.


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