martedì 12 giugno 2018

Europa, Elezioni, Governi - Per una prospettiva sovranista e socialista - 1


09/06/2018 - Intervento di Enea Boria


SITUAZIONE DETERMINATASI CON IL PERCORSO DI FORMAZIONE DEL GOVERNO



Non ripeto valutazioni già fatte sul risultato di un voto, certamente destabilizzante, nel quale si sono unite grandi aspettative rispetto ad un nuovo corso politico soprattutto al Sud, che rappresenti le necessità delle persone dovute allo stato di grave abbandono e di profonda crisi occupazionale in tali regioni, ad un autentico desiderio di vendetta nei confronti di chiunque abbia governato lo status quo nel corso dell’ultimo decennio.
Dico subito che il governo che alla fine è stato composto ha un profilo tale per cui sarà più semplice opporsi rispetto a quanto era sembrato in via di composizione durante la prima fase dell’elaborazione dell’accordo m5s-lega.
La prima bozza di contratto di governo, che sembrava dovesse essere retta dal prof. Sapelli, era sicuramente molto più avanzata e probabilmente non sapremo se sia stata volontariamente fatta sfuggire dalla trattativa riservata per volontà delle due forze politiche, come operazione di marketing, o se all’interno della maggioranza qualcuno abbia voluto sabotare una opzione troppo avanzata.
Il profilo della sintesi politica infine compiuta a mio giudizio è ugualmente molto serio, ma tuttavia molto meno progredito per due motivi:

1) è molto grave e non va preso sotto gamba il fatto che la rappresentanza del lavoro sia stata assunta, praticamente “vinta in appalto”, da una frazione del capitale. In particolare quello relativamente sconfitto nella recente storia del paese e vittima del ciclo economico, cioè quello dotato di meno proiezione internazionale e relativamente più vincolato all’esistenza di un mercato interno che acquisti i propri prodotti. In particolare, qua nel settentrione, parliamo non tanto della piccola impresa e della micro impresa ma piuttosto della media impresa, che è il vero referente nella società della Lega Nord.
Tale profilo conduce ad una sintesi programmatica più allettante per i ceti popolari rispetto al programma politico del grande capitale, sia industriale con proiezione internazionale maggiore sia finanziario, che è stato ben rappresentato dai vari governi a trazione PD: da Monti fino a Gentiloni, cioè i governi di maggior fedeltà eurocratica.
Più allettante, ma in ogni caso ostile.

2) a differenza della prima bozza programmatica di governo che sembrava rivolta a politiche maggiormente redistributive e indirizzata ad aprire un fronte di lotta piuttosto aspro con le istituzioni europee - ed in tal senso Sapelli sembrava veramente essere la persona giusta - il compromesso di governo attuale ha visto completamente scomparire la prospettiva di conflitto con Bruxelles e si è molto appiattita sulla più classica impostazione politica della Lega Nord. Una Lega ritornata quasi bossiana.

Il dato veramente rilevante è stato piuttosto la mossa del presidente della Repubblica Mattarella il quale si è assunto la responsabilità di sbilanciarsi ben al di la delle prerogative del proprio ruolo in merito al veto sul professor Savona, argomentato su basi squisitamente politiche e non giuridico-formali, costituendo così un grave precedente nella storia repubblicana.
Dato un governo che per l’ennesima volta vuol sotterrare la maggior criticità di questo tempo, cioè la contraddizione europea, il paradosso è che proprio chi voleva rendere a tutti i costi l’Unione Europea intangibile ha in realtà evidenziato maggiormente questo tema, assumendosi la responsabilità di diachiarare che in Italia il TFUE e i trattati comunitari sono legge al di sopra della Costituzione.
Tanto affanno per nulla se consideriamo inoltre che la posizione di Savona, sia per la volontà di sanare il debito pubblico con svendite massive di patrimonio pubblico sia perché contemplava un piano b semplicemente  per avere qualche peso negoziale, era tutt’altro che barricadera.

Insomma, almeno sul piano discorsivo e retorico, al di la della gravità politica dell’atto compiuto, la mossa di Mattarella è sicuramente stata un autogoal che legittima con forza gli argomenti di qualsiasi forza euroscettica.
Sappiamo che essere rappresentati in futuro da un governo sarà un’operazione non solo politicamente difficile ma anche rischiosa, poiché i garanti dell’ordine europeo si son dichiarati disposti a tutto.
Tuttavia il panico delle élite concorre a legittimare questa causa agli occhi dei cittadini, che hanno sempre più gli occhi aperti.

IL MOTIVO DEL NEGATIVO GIUDIZIO SUL PROFILO DEL GOVERNO CONTE

Nel progetto dell’attuale governo degli elementi positivi sono presenti e per questo motivo bisogna sicuramente modulare con attenzione la critica da rivolgergli. 
Non sempre e non tutto andrà osteggiato, ma sono prevalenti degli elementi negativi piuttosto chiari.
Elementi sicuramente pessimi sono:

a) la modalità con la quale è trattata la questione della giustizia. Un esplosivo mix tra la storica vocazione forcaiola e sbirresca della Lega e il moralismo grillino.
Dal ministro della giustizia Bonafede e dalla sua volontà di circondarsi come consulenti da magistrati, alcuni dei quali in servizio, non ci si può aspettare niente di buono, a maggior ragione per il fatto che il suo orientamento è tutto rivolto a potenziare il sistema carcerario. Le carceri sicuramente necessitano di essere ammodernate e non ho certamente intenzione di combattere una lassista battaglia di principio contro la certezza della pena: il problema è che la sola reclusione è estremamente discutibile come strumento di rieducazione e reinserimento e, a monte del critico sovraffollamento carcerario, sarebbe stato necessario domandarsi perché le carceri trabocchino.
A quando un governo che avvi una seria riflessione a proposito dell’inutilità e dannosità di leggi quali la Bossi-Fini alla Fini-Giovanardi, entrambe tra le prime cause del sovraffollamento carcerario?

b) l’elemento che tuttavia mi preme particolarmente sottolineare e che è per noi di maggior interesse, sta nel fatto che si tratta di una sintesi programmatica priva di elementi redistributivi.
La compagine di governo afferma di voler modificare la legge Fornero e l’idea di tornare almeno a quota 100 è sicuramente da sostenere e gode di amplissimo sostegno popolare; si afferma inoltre di voler sostenere il reddito dei disoccupati e questo è un secondo elemento sottoscrivibile rispetto al quale il governo andrà incalzato, non opponendo un muro ma cercando di spingerlo ad essere consequenziale e non elusivo ( dobbiamo ad ogni modo ricordarci che tale proposito impropriamente denominato “reddito di cittadinanza” dal m5s, verrebbe perseguito attraverso un mezzo molto discutibile. Il cosiddetto reddito di cittadinanza dei grillini, già in sé molto discutibile perché equivarrebbe ad una acquiescenza rispetto all’estromissione delle persone dal ciclo produttivo e la marginalizzazione nei rapporti di produzione, incentivando ancor maggiore subalternità sociale, ha anche il difetto di essere molto simile al meccanismo ricattatorio del sistema Hartz IV tedesco )
Soprattutto non si accenna minimamente a voler uscire dalla logica delle supply side economics, cioè delle politiche che presumono di poter risolvere il problema della disoccupazione e dello smantellamento della nostra manifattura operando esclusivamente dal lato dall’offerta; il sotteso è tener fermo l’orizzonte mercantilista delle politiche che si vogliono praticare.

Passando dal PD al governo pentaleghista, o legastellato che dir si voglia, cambia ciò il paradigma da ordoliberismo tedesco in salsa più o meno progressista a Reaganomics con 40 anni di ritardo.
Credo sia cruciale chiarire questo passaggio.

Uno dei pochi che stia elaborando analisi sensate nella sinistra istituzionalizzata è Stefano Fassina, il quale ha recentemente sostenuto in un articolo che occorre realizzare una compagine mossa da patriottismo costituzionale che si opponga a due polarità politiche che ci schiacciano, emarginando ogni reale possibilità di emancipazione di sfruttati e esclusi. Secondo Fassina queste polarità sono il liberismo europeista da un lato – PD, Forza Italia - e il nazionalismo dall’altro.
Ha ragione in parte.
Secondo me la parte imprecisa non è nel definire nazionalisti i pentaleghisti, quanto nel non nominare esattamente l’altra polarità: essa non è semplicemente l’europeismo liberista ma andrebbe definita con maggiore precisione come il fronte degli ascari del nazionalismo economico germanico. Consegue che saremmo di fronte ad una pessima alternativa tra due nazionalismi che si scontrano.
Uno nazionalismo straniero sostenuto dalle nostre élite, una borghesia autenticamente compradora, e un sentimento revanscista incarnato nell’industria del Nord, che è la vera anima di questo governo.

Ciò deve essere spiegato chiarendo il reale significato della proposta della flat tax e del perché essa si inserisca nel proposito di non uscire dal paradigma mercantilista.

“È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse. Perché spende e investe di più… L’importante è che ci guadagnino tutti: se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Il nostro obiettivo è che tutti riescano ad avere qualche lira in più nelle tasche da spendere”. Così Matteo Salvini, ministro dell’Interno, ai microfoni di Radio Anch’io, rispondendo a una domanda sulla Flat tax.
Dobbiamo avanzare una critica rigorosa.


Il concetto espresso da Salvini è un cardine di quell'idea dell'economia che è definita come “supply side economics”.
Essa ha trovato prima massiva applicazione con Reagan negli USA.
Uno dei cavalli di battaglia del pensiero di Reagan era la "curva di Laffer", dal nome di uno dei suoi economisti consiglieri.
Secondo Arthur Laffer, oltre una certa soglia di imposizione fiscale, le tasse disincentivano a lavorare e produrre.
Occorre quindi trovare un regime ottimale abbassando fortemente le tasse, in maniera non progressiva, perché tanto questo non provocherà minori introiti per lo stato ma un aumento esponenziale della base imponibile, inoltre la parte più ricca della società metterà senz’altro a frutto i soldi risparmiati creando lavoro e quindi prosperità che sgocciolerà in parte nelle tasche dei ceti popolari ( trickle down ).


La storia sbugiardò Reagan su tutta la linea; in effetti con la sua politica semplicemente i ricchi poterono arricchire più alla svelta, ma nel bilancio USA aumentò enormemente il deficit e il debito senza per altro che questo corrispondesse ad alcun investimento strutturale compiuto e quindi a nessun ampliamento nell’erogazione di servizi o creazione di nuovi buoni posti di lavoro.
Ad oggi possiamo affermare che appiattirsi sulle leggende della supply side economics è in assoluto il modo più stupido per essere anti-keynesiani.
Non il modo meno efficace, badate, ma proprio il modo più stupido.
La flat tax è concettualmente figlia di queste stupidaggini ( ricordo quanto diceva J. Stiglitz sulla curva di Laffer: una fantasiosa teoria che non ha maggior peso scientifico di uno scarabocchio su un pezzo di carta ).


Volendo uscire da un mero economicismo e sforzandosi di capire il senso politico generale di quanto sta accadendo, questa resurrezione senza resipiscenza francamente anche un po' grottesca della "Reaganomics" in Italia con 40 anni di ritardo, dovrebbe farci capire che il problema è il paradigma di fondo che resta lo stesso di prima, alla faccia del “governo del cambiamento”.
Le supply side economics prospettano sempre soluzioni operate dal lato dell'offerta, non diversamente da quello che hanno fatto Berlusconi un tempo, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni.
Non a caso Salvini ha già detto chiaramente che la reintroduzione dell’articolo 18 o altri elementi che ricostituiscano una buona rigidità contrattuale per i lavoratori, sono propositi non compresi dal contratto di governo.
Lo spirito è sempre lo stesso: smonta il diritto del lavoro, le aziende assumeranno di più, tolti i lacciuoli lavoreremo tutti, guadagneremo meglio per questo motivo e la maggior capacità di produrre delle aziende ad un costo del lavoro per loro più vantaggioso trainerà il benessere generale.
Questo, il governo del "cambiamento" non può dirlo apertamente; suonerebbe effettivamente troppo poco popolare, se non altro perché già troppe volte lo abbiamo sperimentato.
Ma non uscendo dal medesimo paradigma persegue la stessa obiettivo di un Monti semplicemente proponendosi di abbassare le tasse per imprese e alti redditi, invece che direttamente il costo del lavoro.
Scopo di questa operazione?
Avere capacità di penetrazione sugli altri mercati.
Esportare, esportare, esportare.
Cosa che si può realizzare efficacemente quanto meno si redistribuisce ricchezza entro il proprio Paese e quanto meno si tende ad importare, anche perchè i lavoratori non hanno da spendere.
Si prosegue nella logica di farci produrre, per bassi stipendi e con scarse garanzie contrattuali, ciò che non potremo permetterci di comprare.
Nazionalismo economico.
Impoverire i propri lavoratori e scaricare le contraddizioni all’esterno esportando; peggio ancora improntando tutto l’apparato produttivo verso l’export, cioè uno dei principali vizi di fondo che rendono insostenibile l’eurozona.
Esattamente in questo senso il confronto politico in Italia sta avendo luogo tra gli ascari del nazionalismo economico germanico, e un revanscismo nazionalistico del nostro piccolo capitale temporaneamente sconfitto dalla Germania; due fronti che vogliono essere nemesi uno dell’altro rimanendo però all'interno di un identico paradigma mercantilista.

Tale politica non si contesta né difendendo l'euro, cioè schierandosi con gli ascari del nazionalismo commerciale germanico, né diventando codisti rispetto a chi vuol passare dal nazionalismo economico altrui, subìto a senso unico, al nazionalismo economico praticato in proprio.


Si combatte al contrario proponendosi di perseguire un modello sociale e di sviluppo trainato innanzitutto dall'espansione del mercato interno.
Ciò presuppone il liberarsi dalla moneta dei tedeschi, ma presuppone anche il far poi l'opposto di quel che si propone di fare l’attuale governo, senza per altro nemmeno più proporsi di liberarsi dall'euro, cioè redistribuire e tornare allo stato economicamente interventista.


I modelli export lead creino dualismi devastanti sul mercato del lavoro interno ( la Lega è in realtà più secessionista oggi che ai tempi di Bossi, di fatto, perché senza interventismo e senza redistribuzione, con un mega sgravio fiscale di cui si avvantaggerà il solo Nord, il meridione finirà una volta per tutte di andarsene alla deriva ).

Bisogna sottolineare e capire come spiegare alle persone che i modelli produttivi trainati dalle esportazioni sono il vero nazionalismo economico, e si tratta sempre di modelli che prosperano su un modello sociale di drastico e diffuso impoverimento interno.

Notevole inoltre l’ipocrisia di vari esponenti della Lega proprio su questo tema.
“Se non puoi svalutare la moneta svaluti il lavoro”, e questo non ci va bene ( perchè stiamo subendo un attacco dal mercantilismo tedesco ), ma se possiamo intervenire sulla moneta e insieme continuare a comprimere il costo del lavoro con strumenti interni non correggendo nulla nella totale deregolamentazione contrattuale di cui siamo vittime, così da continuare a guadagnare competitività di prezzo e proiezione estera, va invece benissimo.
A che pro, quindi, criticare parametri e norme regolatrici dell’eurozona e il comportamento della Germania? 
Sembra quasi che il problema per la Lega sia strappare la frusta di mano al padronato tedesco per rivendicarne in proprio l’esclusivo utilizzo; peccato non sia noto il parere di chi in entrambi i casi prenderà frustate.

COSA POSSIAMO FARE, IN CHE MODO ARTICOLARE IL NOSTRO DISCORSO?


1) La prima cosa che possiamo fare è quindi già spiegata: raccontare e far capire nel più semplice modo possibile perché la necessità dei lavoratori sia non lasciarsi comprimere tra due nazionalismi economici ma sostenere le ragioni di un modello di sviluppo trainato dall’espansione del mercato interno.
Il nostro scopo è uscire dal mercantilismo, il resto segue a ruota: cioè tanto la necessità di uscita dall’UE quanto quella di ricostruire una economia mista a forte indirizzo e pianificazione pubblica perché questo è l’unico vero modo per redistribuire.
Questa è la premessa di una svolta di carattere socialista e internazionalista, non rivolta a scaricare all’esterno le proprie contraddizioni sociali interne.

2) Darsi un progetto e un respiro internazionalista. 
Come spiega Screpanti in un suo articolo, da questa unione europea bisogna uscire ma di una unione europea abbiamo comunque bisogno. 
La nostra economia deve necessariamente essere piuttosto aperta, anche se non incondizionatamente aperta, sia a causa della necessità di approvvigionamento in materie prime sia delle della nostra industria di trasformazione e il problema del vincolo esterno non si riduce nel problema dell’UE, come dimostrò la Francia di Mitterand dissanguatasi in meno di due anni per via del deficit commerciale verso la Rft. 
Quel che occorre è una confederazione tra stati sovrani, non una integrazione di mercato.
Occorre inoltre restituire un peso geopolitico al Mediterraneo, unico modo in prospettiva anche per gestire in modo umanitariamente accettabile i flussi migratori, invece di essere fanalino di coda della mitteleuropa.
Le confederazioni inoltre nascono normalmente con scopi militari e in prospettiva questo serve anche ad avere un peso internazionale: uno spazio di mercato evoluto che permetta di negoziare efficacemente i rapporti commerciali e di essere presi sul serio anche sul piano militare, senza per questo dover essere una eterna propaggine della Nato.
Il Mediterraneo può essere indipendente, solidale, rispettato e internazionalista, purchè ci si ricordi che questa unione non può essere trasformata nella confederazione che sarebbe auspicabile, ma quest’ultima può nascere solo sulle ceneri della prima.

3) Occorre non essere travolti dalla questione dell’immigrazione, come già ci siamo detti a Bologna.
Questa necessità si collega alla necessità di confederazione mediterranea, dato il problema dell’enorme pressione demografica africana, con una prospettiva da qui a 20 anni di 2 miliardi di abitanti nel continente africano con età media di 20 anni.
Rapporti tra stati, equi, non predatori, solidaristici e volti a dare ai paesi partner condizioni di sviluppo e benessere autonomo e indipendente.
Purtroppo non esistono soluzioni strutturali a breve termine all’enorme pressione migratoria e demografica cui l’Italia è sottoposta, ma solo soluzioni di natura geopolitica. Che tuttavia nessuno pare interessato a prospettare.
L’Africa non entra in Italia, non ci sta e le persone hanno comprensibilmente paura in quest’epoca di restringimento drammatico del futuro: per questo motivo le attuali sinistre sono una continua campagna elettorale in favore della Lega Nord.
Rideclinare sensatamente questo tema significa affermare che il problema non è combattere gli immigrati, ma il bisogno di emigrare.
Inoltre spesso gli immigrati appartengono al ceto medio dei paesi sorgente, così come esso da noi spesso emigra ( nell’ultimo anno son stati più numerosi i giovani italiani emigrati dei giovani africani immigrati in Italia ). 
Questo fenomeno toglie risorse sia a noi che a loro, alimentando il rapporto di dipendenza da paesi terzi perché in entrambi i casi la prospettiva è rimanere privi della classe dirigente alternativa, con la quale costruire un altro futuro.
Il modello del ddl Ferrero-Amato secondo me va bene come proposta programmatica ma non attaccherei su questo: bisogna saper rispondere alle domande delle persone in modo credibile ma il terreno di lotta non lo deve scegliere la Lega.

4) Credo si debba attaccare la lega sul fatto di osteggiare le redistribuzione interna, ma mantenendo modalità discorsive amichevoli e concilianti nei confronti degli elettori del m5s, perché la mancanza di una volontà redistributiva da parte della Lega danneggia il popolo di chi ha votato M5S, specialmente al Sud e a costoro dobbiamo riconoscere sempre di essere la parte migliore del paese, lo stesso blocco sociale di cui siamo noi stessi parte ed al quale aspireremmo rivolgerci.

5) attaccare il disordine sul quale la Lega prospera e che ha sempre alimentato a causa dell’ipocrisia e della inapplicabilità delle legge Bossi – Fini. Facendo anche l’esempio dell’insicurezza che alimenta l’opposizione alla costruzione di una moschea a Milano: un luogo istituzionalizzato, riconosciuto, visibile, che riconosca decoro e dignità ai molti musulmani immigrati presenti in città è anche un luogo molto più semplice da controllare e tenere sotto controllo delle decine di cantine nelle quali si riuniscono ora da segregati, in un regime di esclusione che inoltre rischia di alimentare fenomeni di radicalizzazione.
Gli esempi che si possono fare di cinica produzione di fenomeni di disordine per poi proporsi come falsa soluzioni, sono numerosi.

RIDEFINIRE LA QUESTIONE DEL RAPPORTO COL PROGRESSO.

La contraddizione della sinistra si evidenzia ad esempio nella questione della disoccupazione tecnologica.
Mi è capitato spesso di sentirmi opporre questo tema che equivale ad affermare che non esista più nulla da rivendicare. Non è così.
Non viene mai affronta l’idea che il lavoro si trasformi e il suo futuro stia nel RIPENSARE IL RUOLO DELLO STATO, creando lavoro nella cura alla persona, istruzione, medicina, tutte settori lasciati andare allo sbando.
Senza considerare tutto il lavoro che si potrebbe realizzare mettendo mano alla nostra rete infrastrutturale ormai disastrata; proposito però realizzabile solo con massimi investimenti pubblici e nazionalizzazioni industriali.
Per questo motivo è necessaria la CRITICA DEL MUTUALISMO come orizzonte strategico, quando non può essere più che tattico.
Trattando la questione del mutualismo come ad esempio Potere al Popolo, ciò che si fa è sfuggire dalla responsabilità di riconoscere un ruolo allo stato, proponendosi di ricostruirlo, ripristinarlo, trasformarlo.
Così da un lato si elogia il progresso, comunque esso sia, ma non lo si problematizza, dall’altro lato ci si accoda a proposte retoriche come quella di Hamon di tassare i robot.
In questo caso non ci si avvede del fatto che imporre per via fiscale un gap tecnologico al paese, equivarrebbe a doverne chiudere come le frontiere economiche e commerciali più di quanto non sia possibile e auspicabile, rassegnandosi in ogni caso a standard di vita sempre più arretrati.
Tuttavia, anche se bisogna imparare a evitare queste ambiguità e contraddizioni delle sinistre istituzionalizzate, la neutralità del progresso non può essere mai più data come un fatto scontato.
Occorre rifarsi a quanto espresso da Polaniy nella sua teoria del doppio movimento, riconoscendo perché siano oggi forti in tutta Europa movimenti come la Lega che criticano gli effetti della globalizzazione e non le cause puntando il dito sui soli effetti socialmente disgregativi.
Il nostro spazio culturale e politico si trova nel criticarne le cause di questa disgregazione, ma occorre imparare a farlo senza disinteressarsi degli effetti sociali e culturali, snobbando e considerando gretto conservatorismo lo straniamento col quale le persone si misurano di fronte alla rapida disgregazione delle loro comunità sociali e delle loro tradizioni.
Da cui la necessità di una sinistra non progressista, fortemente ancorata ai valori di comunità, della continuità storica dei popoli, che bisogna saper declinare in termini non escludenti rivendicando il bisogno umano profondo di radici come strumento di reciproco riconoscimento, senza per questo fondare l’idea di nazione in termini astorici su una tradizione immutabile.
Necessità, questa, sottile e complessa, di prendere sul serio una serie di cause normalmente considerate come “conservatrici”, senza perdere di vista il senso della dinamicità della storia e della società.

QUESTIONI ORGANIZZATIVE

- Pagina visibile, con sezioni, spazio di discussione. ( FSI  ha una bella pagina ad esempio )

- Associazione culturale davanti, da far crescere localmente con ampia autonomia sulle iniziative realizzate e scopo di costituire un fondo cassa

- Statuto flessibile per iniziare a lavorare e capire come funzioni la possibilità del 2x1000.

- Statuto flessibile per cominciare a gestire una organizzazione facendo esperimenti organizzitivi su noi stessi. Trovare una formula che funzioni che è difficile poter immaginare già preconfezionata ma potrà sortire solo da aggiustamenti successivi.

- Organizzazione corsi, seminari, pubblicistica, anche e sempre con lo scopo di costituire fondo cassa.

- Non correre il rischio di far appello alla volontà di partecipare di chi purtroppo, anche volendo, non può farlo.
Per questo nelle attività locali delega ristretta a termini temporali brevi, rapporto tra centro e periferia assiduo e alimentato anche con strumenti digitali, che devono però essere di complemento e non certamente sostitutivi, anche perché tremendamente manipolabili.
In futuro questo dovrebbe valere anche per incontri di definizione di linea ed organigrammi, non avendo più il livello intermedio dei delegati, i problemi che ne discendono e che allontano le persone.

- problema del funzionariato: stare attenti a non diventarne dipendenti anche se in ogni caso esso è indispensabile.

- Delega ristretta nel tempo, se e quando potremo anche retribuita, ma sempre circoscritta nel tempo. I singoli non devono potersi rendere indispensabili condizionando così la possibilità di ri-orientamento politico dell’organizzazione stessa.

- Think tank dietro, per costruire relazioni cercare di avere influenza, il che servirà comunque, anche se e quando sarà possibile passare a una strutturazione di tipo partitico.

- Stratificazione dell’organigramma non esclusivamente territoriale ma anche per aree tematiche, così da venire incontro ai tanti che un radicamento territoriale non lo hanno più e hanno problemi di partecipazione a causa dei tempi di lavoro..

- Apertura massima e coltivare relazioni, sempre tenendo conto di quanto la galassia sovranista sia autodistruttiva e con ogni probabilità anche piena zeppa di mestatori e guastatori organizzati, con spesso la Lega come casa madre.

mercoledì 6 giugno 2018

Ammissioni e minacce del Senatore Monti

Intervento sulla fiducia del Senatore Mario Monti - Roma 05/06/2018
(Aggiunte in grassetto a cura di UPUC)



"Grazie Sig.ra Presidente,
Sig. Presidente del Consiglio, formulo al nuovo governo sinceri auguri di buon lavoro nell'interesse dell'Italia. 
Inoltre, chiunque abbia avuto l'onore e l'onere di sedere dove Lei siede da oggi, Presidente Conte, non può non rivolgere a lei un augurio speciale (Anche io sono stato PdC non te lo dimenticare - NdC)
Io non confido nell'insuccesso di questo governo. (ma fallirete comunque, idioti - NdC)
Si è detto che Lei sarebbe un capo di governo dimezzato in quanto ha ai suoi fianchi 2 leader politici a tutto tondo, i vicepresidenti Di Maio e Salvini.
Credo che non lo sarà, spero che non lo sarà (Ma lo sei - NdC).
Un governo è efficace se chi lo guida è il Presidente del Consiglio e se questo esercita pienamente i suoi poteri e le sue responsabilità.
Piuttosto sono certo che il governo otterrebbe un credito maggiore, un consenso maggiore anche presso chi in parlamento e nel paese oggi non lo appoggia se iniziasse la sua vita con un atto di modestia e di realismo. (Devi baciare la mani al Padrino - NdC)
Non il Presidente del Consiglio ma l'intero vostro governo nascerebbe oggi come governo dimezzato se altre forze politiche non avessero dato in un momento difficilissimo della vita del paese, prova di grande responsabilità.
Qualunque cosa voi signori del governo possiate pensare di Forza Italia, del Partito Democratico, dell'allora Terzo Polo, di Fratelli d'Italia nella sua fase iniziale (Giorgia stai attenta, ritorna in te o te ne pentirai - NdC), il fatto che dal novembre 2011, quando chi vi parla è stato chiamato (a suon di spread - NdC) a prendere quel posto, per oltre un anno abbiamo sostenuto provvedimenti impopolari (Ah, lo sai dunque che stavi sui coglioni - NdC), ha consentito di portare l'Italia fuori da una spaventosa crisi finanziaria e gradualmente di portarla ad una ancor troppo lenta ripresa (A suon di austerità - NdC).
Voi, con tutto il rispetto, colleghi della Lega e del M5S, come Lega esercitavate una coerente (?!? - NdC) e bruciante opposizione in parlamento e nel paese ed il M5S nel paese e nei siti diffondeva in modo cinico spesso in totale contrasto con la verità fattuale ( OK la Lega, ma voi grillini mi state sul cazzo - NdC), tesi che non andavano certo, come è legittimo, nella direzione degli sforzi che l'allora parlamento col 92% di fiducia (mica come il vostro striminzito 51% - NdC) incoraggiò da parte dell'allora governo.
Si, voi avreste la Troika (voi!?!?! - e tu no? - NdC), avreste un governo dimezzato perché sareste ridotti ad agenti di un governo semicoloniale (beh, come ammissione della realtà dell'Unione Europea non è malaccio - NdC).
La Troika è una realtà disgustosa (Ricordiamo che per Troika si intende BCE, FMI e Commissione Europea - NdC) a mio parere, anche se promana dall'Unione Europea (ma la UE non si può criticare? - NdC) e dall'FMI ed abbiamo fatto di tutto, cittadini italiani, forze politiche, il mio governo ed io personalmente per risparmiare all'Italia questa dimostrazione di scarsa dignità. (sarebbe un problema morale... - NdC).
La Troika è stata evitata con lo sforzo di risanamento fatto all'interno del paese grazie ad un lungo braccio di ferro con la Germania (se lo fai tu va bene, se lo fa il nuovo governo no - NdC) e con la cancelliera Merkel culminato nel giugno 2012, il ministro degli affari esteri che siede accanto a voi può fornirvi ogni indicazione e suggerimento avendo egli avuto un ruolo significativo al mio fianco.
E fu quella la premessa che consentì alla BCE la svolta verso politiche che oggi semmai corrono solo il rischio di farci addormentare un pò tutti.
Non è escluso, questo lo dico con spirito ne di provocazione ma solo con senso del dovere avendo dedicato forse più tempo nella mia vita di tante altre persone all'esame da vicino di questi problemi; non è escluso, dicevo, che l'Italia possa dover subire ciò che ho evitato allora (se non pagate il pizzo vi faccio esplodere il negozio - NdC), cioè l'umiliazione della Troika (continua solo ad essere un problema morale? Se è così possiamo sopportarlo.. - NdC).
Io mi auguro vivamente di no.
Oggi lo spread, questo indicatore osservato in modo un pò troppo manicheo (da chi? Da te? - NdC), ma che pure esiste (come l'alba, il tramonto, le maree.. - NdC), è di 235 per l'Italia, 98 per la Spagna, 143 per il Portogallo e questo in regime di Quantitative Easing.
Togliete quello, come tra un pò avverrà, e questo 235 non è enormemente diverso da quel 575 che il ministro Moavero ed io e tanti parlamentari ricordano ancora (un pò come ricordavano il fascismo i padri costituenti.. - NdC).
Il vostro è il governo del cambiamento; io a questo vorrei applaudire sottolineando al tempo stesso qualche.. [campanella].. Concludo Sig.ra Presidente.. anzitutto vorrei salutare un cambiamento già avvenuto. E' stato sconcertante ma nella buona direzione (nell'evidenziare quanto siete irresponsabili - NdC), il valore aggiunto e la preoccupazione tolta di edizione in edizione, del Contratto per il Governo. Voi sapete che, tuttavia scrivere "chiediamo il condono di 250 miliardi alla BCE" è una cosa che si può cancellare (dammi 10 buoni motivi per farlo, e circostanziali - NdC), ma che lascia negli osservatori  stranieri... [campanella].. per favore concluda Senatore...

Concludo Sig.ra Presidente

Ecco bravo stai zitto perché ogni volta che parli peggiori la tua situazione.
Ammesso che sia peggiorabile.